We’ll see how far they take me 2016..17..18..19.. 20.. 21.. 22.. 23.. 24..
La decisione di partire in Islanda è stata quella che mi ha portato via più tempo in assoluto tra tutti i Trail. Andare così lontano da casa in campo ostile, (ostile perché il clima cambia repentinamente nel giro di pochi minuti), capire per filo e per segno come organizzarmi in caso di mal tempo, riparazioni in caso di difficoltà, eventuali malanni dovuti al freddo mi hanno portato a informarmi e formarmi per questo viaggio. Visionare le temperature degli ultimi dieci anni e accorgermi pochi giorni dalla partenza che non corrispondevano con la realtà mi frenava, però dovevo partire. Avevo comprato una tenda da alta montagna e un sacco a pelo di ultima generazione, queste cose mi incoraggiavano a partire,male che vada mi metto dentro la tenda. Il resto dell’attrezzatura è stata testata positivamente in terra sarda durante l’ultima edizione della MYLAND NON STOP in condizioni di clima altamente piovoso. Alcune cose sono state cambiate con altre più performanti come ad esempio guanti e ghette. La mia preoccupazione maggiore non era il pedalare per tante ore ma la possibilità di trovare giornate molto piovose a tal punto da soffrirne il freddo. Anche il giorno prima ero tentato di non partire, mi svegliavo la notte con il cuore a mille. Invece il due di giugno parto, sveglia presto per verificare le ultime cose, carico tutto sulla macchina e mi faccio accompagnare all’aeroporto da Silvia, mia sorella, ore undici partenza da Cagliari direzione Milano.
Sono le 2:45 del mattino e sono appena atterrato a Keflavik, finalmente nella terra del ghiaccio. Non ho ancora sentito se fa freddo oppure no, mi dirigo verso il ritiro bagagli e mi accorgo che un collo non è arrivato. Inizia il panico, non posso partire perché parte dell’attrezzatura non è arrivata, compresi i farmaci salvavita per la mia allergia. I ciclisti conosciuti in aereo, tutti esperti di alta montagna sono dispiaciuti come se fosse capitato a loro. Presento denuncia di smarrimento al banco bagagli, prendo il resto e con un taxi vado in Guest House al centro fi keflavik. L’Islanada è magia, da subito mi rapisce nonostante non ho il bagaglio, fuori fa freddo ci saranno sì e no 5 gradi. Scendo dal taxi e salgo in camera, la casa rossa con il tetto a punta, tipica islandese. Monto la bici e il carrello preparo il borsone vedo cosa manca e mi accorgo che quasi la metà delle cose mancano. Mannaggia mi manca il fornello per cucinare, un completo da ciclista, il sacco a pelo. Studio subito Il piano B, se non arriva a breve la valigia vado a reykjavik perché in internet ho visto che in centro c’è un negozio specializzato di attrezzature per outdoor, compro tutto quello che mi serve e parto. Giornata da incubo, sono partito alle nove della mattina del 2 giugno da casa, attualmente sono le 20:30 del 3 giugno e non ho ancora chiuso occhio. Finalmente l’Italia ha un nuovo governo, Conte ha giurato fedeltà alla nazione e io giustamente per festeggiare me ne sono andato in Islanda. Sono rilassato perché durante una delle due uscite prova con l’attrezzatura che avevo, ho ricevuto una chiamata dall’aeroporto che mi comunicavano che la valigia era stata dimenticata nella stiva dell’aereo e che potevo andare a ritirarla. Recupero il collo e finisco di preparare tutto. Sono le 20:30 e mi ritrovo seduto al tavolo del ristorante a mangiare una pizza, nell’attesa mi rilasso e butto giù due righe. Finito di mangiare rientro e vado a riposare.
Keflavik - Selfoss (140 km - 670 D+)
La mattina seguente è uggiosa, una nebbiolina avvolge il territorio attorno al paese, ma sono determinato a partire, preparo le ultime cose compresa la consegna dell’ultima valigia vuota alla proprietaria della guest house. Esco in strada, foto di rito della partenza e fischiettando parto in direzione Selfoss, passando per Hafnir e Grindavik dove mi fermo per una breve sosta pranzo, i chilometri percorsi sono ancora pochi e manca ancora molto alla meta. Riparto subito, breve salita impegnativa e successiva dolce discesa che mi consente di percorrere tantissimi chilometri. Mi fermo per scaricare un po' di acqua in eccesso, a bordo strada nei pressi di uno svincolo. Mentre mi preparo per ripartire dal nulla del più nulla sbuca un ciclista conosciuto in aereo, è Steven Bronson Castellan bassanese in giro per l’Islanda anche lui in solitaria. Pedaliamo insieme per tantissimi chilometri fino al Viking Pizza di Thorlakshofn dove ci fermiamo per un lunghissimo caffè accompagnato da tantissimi buoni biscotti offerti dalla casa. Ripartiamo dopo quasi un’ora di pausa. I trenta chilometri che mancano a Selfoss finiscono in fretta, pausa cena con panino veloce e si riparte alla ricerca di un posto dove dormire, troviamo un campeggio abbandonato in mezzo al nulla. Ognuno monta la propria tenda per passare la notte, notte? Dimenticavo la notte non esiste, è sempre giorno.
Selfoss - Laugarvatn (72 km - 595 D+)
Il secondo giorno veglia presto, ma con molta calma non c’è fretta i 140 km percorsi il giorno prima sono sufficienti a un secondo giorno più sereno. Anche Steven si alza con molta calma. Smontiamo le tende e ripartiamo. Abbandoniamo subito la F35 per prendere la F36 in direzione grande lago di Pingvallavatn e dell’omonima regione di Pingvellir dove incontro per la prima volta una grande cascata, Oxarafoss. Qui a Pingvellir ci sono le due zolle tettoniche, la zolla americana e quella euroasiatica che si allontanano tra loro di alcuni millimetri ogni anno. Ci fermiamo per alcune foto, una pausa pranzo e un caffè al bar del centro turistico, sfruttiamo il bagno del campeggio vicino per alcuni bisogni. Ritorniamo indietro e percorriamo parte della strada già fatta prima di incontrare la 365 fino alla F37 nel paese di Laugarvatn dove decidiamo di passare la notte all’interno del campeggio. In questo piccolissimo paese di montagna troviamo tutto, dal ristorante, negozio alimentari, bancomat, hotel e centro termale con sorgente termale sul lago accessibile dalla strada. In tutti i paesi dove esistono sorgenti termali le docce nei campeggi sono gratis. Ringrazio tantissimo il mio amico Steven che mi ha offerto la cena in campeggio.
Laugarvatn - Fludir (78 km - 620 D+)
Terzo giorno partenza presto, direzione market per comprare tutto quello che mi serve per cucinare e un po' di scorte da tenere conservate in caso di necessità. Partiamo in direzione Gayser, lungo il percorso ci fermiamo per due foto alle cascate di Bruarfoss Waterfall. Arriviamo poco dopo nella zona termale di Gayser, ci fermiamo a mangiare qualcosa la Gayser center e subito dopo pranzo decidiamo di entrare a visitare il mitico Gayser, il primo in assoluto che ha dato il nome al fenomeno geotermico. Attualmente non è Gayser a starnutire ma il cugino Strokkur, gayser è guarito dall’influenza a causa della stupidità dei numerosi turisti che per stuzzicare il prurito al naso hanno buttato dentro il cono tante di quelle pietre che ne hanno ostruito il passaggio. Nonostante tutto vedere la terra respirare è molto emozionante. Ho passato due ore circa andando da un cratere all’altro per caricare le batterie e rigenerarmi. Purtroppo le cose belle non possono durare per molto, il giro è ancora lungo e pure cose da vedere ce ne sono tante, cosi con l’avventuriero Steven decidiamo di partire di nuovo in direzione Gullfoss, un'altra bellissima cascata. La giornata sta per terminare e dobbiamo cercate un campeggio per la sosta notturna, il paese più vicino è Fludir e dista 30 km, ci mettiamo in viaggio passando per le gole del Bruarhlod e in circa tre ore arriviamo sul posto, allestiamo il campo, prepariamo la cena, mangiamo e via a nanna.
Fludir - Gljufraburi (87 km - 250 D+)
Quarto giorno la sveglia è quando non hai più sonno, colazione, doccia calda all’uovo marcio, già, l’acqua termale ricca di zolfo è gratis e ne puoi utilizzare quanta ne vuoi, aiuta tantissimo la pelle. Ritiriamo il campo e ripartiamo, la tappa di oggi non prevede tantissime attrazioni lungo il percorso, il triangolo dell’oro è terminato. Percorriamo la F30 in direzione ring road verso Hella dove ci fermiamo per un mega pranzo a base di hamburger e patatine. Se percorrete la ring road in bicicletta dovete stare molto attenti, soprattutto in prossimità di grossi centri abitati, i grandi camion sfrecciano ad altissima velocità. Dopo pranzo si riparte non manca molto al campeggio successivo circa trentacinque chilometri. Mi fermo per una foto ricordo davanti alla statua del puffin uccellino tipico del posto, ed è qui che per la prima volta foro la ruota di lino, una pietruzza appuntita di ossidiana si conficca nel copertone causando un piccolo foro che riesco a riparare con le solite pezzette. Il campeggio prescelto è uno dei più belli dell’Islanda perché si trova tra due cascate la Seljalandfoss e la Gljufrabui. Dormire con il rumore dell’acqua che cade mi tiene compagnia tutta la notte.
Gljufrabui - kiirkybaejarklaustur (157 km - 540 D+)
Il quinto giorno mi sveglio rigenerato da un sonno lungo e profondo, gli spiriti vichinghi mi hanno fatto compagnia tutta la notte. Faccio colazione per conto mio, smonto la tenda e preparo la bici per la partenza, aspetto che Steven esca dalla tenda. Ho deciso di partire da solo, di chilometri da fare ne avevo ancora tanti e soprattutto i giorni diminuivano. Steven aveva tutto il tempo per procedere con calma la sua avventura, io no. Appena esce dalla tenda gli comunico della mia partenza e li ci salutiamo. Ho conosciuto una grande persona, molto pacata e seria. Un Avventuriero che mi ha aiutato in tantissimi momenti con suggerimenti sulla tenda, sul sacco a pelo sull’organizzazione del campo. Pedalo tranquillamente in un lungo piattone sotto la pioggia fino a Skogafoss, la più grande cascata dell’Islanda 60 metri di salto alimentata dallo scioglimento del ghiacciaio Eyjafjallajokull. Dieci chilometri dopo trovo un parcheggio lungo la strada da dove parte un sentiero in direzione mare che porta ai resti dell’aeroplano americano precipitato nel 1973 è diventato ormai luogo gettonatissimo per le fotografie perché posizionato in una distesa di sabbia nerissima, il sentiero è sterrato su fondo morbido di lunghezza 4 chilometri molto impegnativo. Ritorno indietro verso la ring e mi dirigo verso Reynisfjara Beach per ammirare le colonne di basalto che si ergono dalla nerissima sabbia. È quasi ora di pranzo decido di ripartire e andare a mangiare qualcosa a Vik i Myrdal. La pioggia in questa giornata non mi abbandona, decido di ripartire e continuare fino al campeggio successivo. Pedalo per altri 70 chilometri nel nulla del più nulla. Distese di sabbia nera, acquitrini e muschio bianco. Sulla mappa avevo tracciato un campeggio a Skaftarhreppur che trovo subito appena arrivo nel minuscolo paese. Preparo il campo, la cena e prima di andare a dormire una bella doccia calda. I chilometri percorsi sono 160.
kirkybaejarklaustur - Skaftafell (71 km - 180 D+)
Il sesto giorno sveglia tardi, colazione, di nuovo una doccia per scaldarmi. È un po' nuvoloso, temperatura intorno agli otto gradi, parto con molta calma dopo la pedalata di ieri non ho molta voglia. Il territorio anche oggi è molto selvaggio, le temperature incominciano piano piano a scendere e in lontananza si intravedono le lingue di ghiaccio del Vatnajokull, sono tentato di deviare il percorso e di avvicinarmi il più possibile al ghiacciaio ma rinuncio ho paura di forare nuovamente il carrellino. Percorro distese interminabili di sabbia nera e muschio bianco. Il cielo incomincia a farsi grigio e tra qualche minuto sicuramente incomincerà a piovere, mi devo sbrigare, il campeggio che ho scelto per passare la notte sta proprio sotto il ghiacciaio a Skaftafell. Monto la tenda direttamente con la veranda in direzione del ghiacciaio, giusto per no annoiarmi e vedere sempre lo stesso panorama ogni giorno. Mi devo sbrigare e buttare tutto dentro perché sta incominciando a piovere, mi sistemo dentro la tenda e organizzo l’itinerario per il giorno successivo, aspetto circa un’ora prima di uscire fuori a accendere il fuoco per cucinare una pasta agli asparagi, è ancora presto per dormire, decido di non dormire da subito e di continuare a programmare le giornate successive e le eventuali soste da fare lungo il percorso.
Skaftafell - Hofn (140 km - 520 D+)
Il settimo giorno il risveglio è accompagnato da un dolce cadere di gocce d’acqua sulla tenda, ha piovuto tutta la notte, mi sono svegliato un paio di volte e pioveva sempre. Non mi interessa, la pioggia fa parte di questo viaggio, smonto tutto e preparo la bici e con la pioggia parto. I chilometri da fare sono tanti e non mi perdo d’animo. Esco dalla zona campeggio e mi dirigo nuovamente verso la ring road svolto a sinistra e incomincio una lunga pedalata costeggiando il grande ghiacciaio. Ogni tanto mi fermo per scattare qualche foto a questi grandissimi fiumi di ghiaccio in continuo movimento. Mi accorgo della presenza di un ristorante nei pressi di un parcheggio e mi fermo per una pausa pranzo e qui capisco che nelle località turistiche è meglio non fermarsi a mangiare.... però di strada da fare ne avevo ancora da fare. Arrivo sulla costa nei pressi di un grandissimo lago con grossi ammassi di ghiaccio che galleggiano sull’acqua. Sono iceberg millenari che si staccano e che galleggiano nelle acque di Jökulsárlón Glacer lagoon. Nonostante ci sia tanta gente, si sta tutti in silenzio, perché è vero che è un bellissimo spettacolo ma è anche la drammatica agonia del grande ghiacciaio che si inesorabilmente si sta sciogliendo a causa dei cambiamenti climatici. Riparto in tutta tranquillità, tanto non fa buio e il tempo non manca. Ogni tanto mi fermo a raccogliere qualche pezzetto di legno per il fornello e per riposarmi. Pedalo tanto, fino a Höfn í Hornafirdi. Arrivo al campeggio che sono ormai le 21. I market sono già chiusi, dunque cucino una parte delle scorte, ho anche tutte le batterie scariche e ho bisogno di una presa di corrente per tutta la notte. Vedo che ci sono dei bungalow e ne prendo uno. Una casetta in legno riscaldata con quattro posti letto un cucinotto un bagno senza doccia e una piccola verandina, il tutto alla modica cifra di 160 euro. Metto tutto dentro compreso il carrello e per la prima volta esco per una escursione nel paese a bici scarica. Rientro e cucino qualcosa. Ritiro tutto e vado a letto.
Hofn - Djupivogur (104 km - 800 D+)
Ottavo giorno. Il risveglio è lento, colazione in casetta, esco fuori e vado a farmi la doccia. Preparo la bici e parto. Vado in cento paese al market per comprare il pranzo e la cena e per ripristinare le scorte. Entro in un piccolo centro commerciale e mi accorgo che il negozio è più grande del paese, si trova di tutto, super spesa, frutta, pasta, insaccati, carne secca e via si riparte. Direzione Djúpivogur. Questa giornata sarà all’insegna della natura selvaggia 105 chilometri di costa, di grandi stagni e lingue interminabili di sabbia nera. Mi fermo a metà strada nei pressi del farò di Hvalnes Lighthouse per mangiare qualcosa. Scatto qualche foto e riparto pedalando lentamente. Arrivo finalmente nel piccolo paese dove mi accorgo che anche in questo hanno la passione per il baccalà. Lo capisco perché ne sento il forte odore. Ogni paese in Islanda lungo la costa sa di merluzzo marcio. Scusate il termine ma ne sono allergico dalla nascita e anche solo l’odore mi da fastidio. Cerco subito il campeggio, ci entro e mi sistemo la tenda, senza neanche passare per la reception, anche perché non esistono e soprattutto non esistono recinzioni, vengono loro a cercati per pagare la piazzola. Mi sistemo vicino alla tenda di un ciclo turista tedesco. Mangio, birretta e giretto nel paese. Rientro e buonanotte.
Djupivogur - Egilsstadir (88 km - 1050 D+)
Quella di oggi è la prima giornata di vera montagna, ebbene si, per evitare di percorrere una galleria al buio, decido di prendere una lunga strada bianca in salita che dal mare mi porta in alta quota in direzione Egilsstadir. In un primo momento trovo strada asfaltata e poco dopo circa dieci chilometri la strada per lavori si trasforma in bianca. Oggi sono partito con calma verso le dieci, tanto il sole non tramonta e tempo a disposizione ce n’è. Dopo appena venticinque chilometri mi fermo per pranzare. Seduto a bordo strada in uno dei tanti prati verdi. Da qui in poi sarà solo salita, non pensavo di trovare anche una cascata, era pieno di turisti. Le cascate qui in Islanda sono l’attrazione turistica più frequentata. La salita continua e pure la pendenza, ma non desisto. Le temperature man mano che salgo di quota scendono drasticamente verso lo zero, ogni tanto una spruzzata di nevischio. In un punto incontro un ghiacciaio in scioglimento, mi fermo scavo una buca finché non trovo ghiaccio bianco e ne mangio un piccolo cubetto. Finita la salita, incomincia una lunga discesa di circa 40 chilometri verso la città che mi ero prefissato. Appena finita la strada bianca incontro il cicloturista tedesco che la notte prima dormiva nella tenda affianco alla mia, facciamo alcuni chilometri insieme, lui è appena più veloce di me, la sua bicicletta è attrezzata diversamente, non ha carrello e risulta essere più veloce, infatti dopo un po' non lo vedo più. Incontro un grande lago il Lagarfjot fino ad arrivare a Egilsstadir. Arrivo che è quasi ora di cena, mangio due mega hamburger alla paninoteca del distributore di benzina e poi vado a dormire al campeggio, dove trovo il Tedesco che si scolava qualche latina di birra e una famiglia italiana che girava l’isola con un furgone attrezzato.
Egilsstadir - Modrudalur (111 km - 1100 D+)
Il viaggio, giorno dopo giorno sta entrando sempre di più in quello che mi ero prefissato, un viaggio spartano con non troppe comodità, quasi sempre campeggio in tenda con la possibilità di dormire in casetta ogni tanto per caricare le batterie tampone. Smonto la tenda, preparo Alma e Lino, e faccio la mia prima tappa in un piccolo baretto il Theusid, molto carino e arredato con cura nei minimi dettagli, proprio di fianco al campeggio dove faccio una ricca colazione. Seconda tappa al Nettò per un’abbondante spesa con ripristino scorte, anche perché il prossimo market lo incontrerò tra 200 chilometri circa. Uscendo dalla città nei pressi dell’aeroporto incontro un cicloturista italiano Claudio Zocca che anche lui andava nella stessa mia direzione ma con un ritmo diverso. Scambiamo due chiacchiere e poi mi rimetto in viaggio, lui faceva un giorno di pausa in zona. Le cose non si mettono bene, il cielo diventa subito scuro e incomincia a piovere, una pioggia fine e costante per ore, a tratti si sentono sacche di aria calda provenienti da qualche fumarola. Mi fermo a pranzo al distributore che incontro lungo la strada, menomale che ho comprato anche panini al market, il distributore aveva solo la colonnina per il gasolio. Proseguendo nella mia salita verso la zona interna la pioggia passa ma di contro come un fulmine a ciel sereno cambia il vento nel giro di pochi minuti. Se fino a oggi potevo godere di un clima mite con medie giornaliere di 12 gradi di massima da questo momento in poi inverno pieno, un crollo brusco delle temperature. Sono passato da 12 gradi a 5 gradi in pochi minuti. Mi vesto il più possibile, il vento adesso soffia da nord e a nord dell’Islanda c’è la Groenlandia, dunque molto freddo. In serata arrivo in campeggio dopo aver percorso una strada bianca con le pozzanghere ghiacciate.
Modrudalur - Reykjahlid (73 km - 400 D+)
Sveglia gelida con leggera pioggia, gelida perché metto il gps fuori dalla tenda per verificarne la temperatura. Segna 2. Chiudo tutto e mi riaddormento. Mi sveglio dopo due ore apro e metto fuori di nuovo il gps, 4 gradi, non piove più, è arrivato il momento di fare colazione, ho contato fino a cento prima di avere il coraggio di uscire dal sacco a pelo, vestirmi e uscire dalla tenda. Mi preparo, faccio colazione al bar del campeggio qualche foto e parto direzione grande lago Myvatn. La giornata di oggi è la più fredda incontrata. Pioggia e vento tutto il giorno, tempeste di sabbia nera, ogni tanto quando incomincio a masticare sabbia mi fermo per sciacquarmi la bocca. La temperatura oscilla tra i 5 e i 3 gradi. Mi fermo a pranzo lungo strada in mezzo al nulla del più nulla a mangiare qualcosa, panino con prosciutto cotto comprato due giorni fa, se non sto attento mi si congela pure. Arrivo intorno alle 18 in una zona che mi sembra di essere sul pianeta rosso. Hverir, pieno di fumarole puzzolenti di zolfo, pozze di fango grigio ribollenti, tutto intorno è colorato di arancione e rosso. Mi fermo mi tolgo i guanti completamente bagnati e avvicino le mani al vapore che esce da sottoterra per cercare di riattivare la circolazione. Riparto una breve ma impegnativa mi aspetta per arrivare a Reykjahlid piccolo centro abitato affacciato sul grande lago Myvatn. Prendo un campeggio a bordo lago, lunga doccia sotto l’acqua calda termale di circa un’ora. Mi preparo la cena e vado a nanna.
Reykjahlid giorno di riposo (60 km - 700 D+)
Oggi, 15 giugno 2018 il risveglio è stato molto romantico, metto la testa fuori da Dina e nevica, non me l’ho aspettavo. Esco, l’aria non è più di tanto pungente e mi godo lo spettacolo. Rientro faccio colazione e poi esco e smonto tutto e decido di partire con la neve. Cavoli, il mio posto tenda era riparato, altroché l’aria è fredda e pungente. Mi dirigo verso Akureyri passando a sud del lago ma dopo alcuni chilometri ritorno indietro, troppo freddo, i vestiti che indossavo non erano perfettamente asciutti e il freddo si sentiva di più. Mangio qualcosa al bar, mi riscaldo un po' e riparto. Questa volta passando dalla parte nord del lago, non cambia nulla sempre freddo. Ritorno indietro consulto la mappa e decido di andare verso Husavik, ma le condizioni atmosferiche non cambiano. Anzi peggiorano vento fortissimo contrario che in discesa mi costringe a mettere il rampichino per poter procedere. Bufere di neve ogni cinque minuti. Non ero pronto per la neve, soprattutto non ero attrezzato a sufficienza per temperature così basse. Decido di mettermi al riparo di ritornare a Reykjahlid e di cercare una casetta asciutta e riscaldata dove mettere i vestiti ad asciugare. Un campeggio dietro l’aeroporto è la mia salvezza. Prendo una casetta, metto tutto ad asciugare, piccolo riposo e poi prendo solo la bici e vado a visitare il lago Krafla. In questo piccolo paese è presente una piscina termale a pagamento, ma per mia sfortuna è tutto pieno e non posso andarci, ricordatevi che le piscine termali è sempre meglio prenotarle in anticipo prima di partire.
Reykjahlid - Akureyri (123 km - 1150 D+)
Ci riprovo, le temperature sono migliorate, il vento è calato ma non del tutto. Procedo verso la parte sud del lago, è ricco di fiordi e lo spettacolo non manca, non mancano neanche le mosche, questo lago Myvatn ne è famoso. Se tieni un’andatura troppo bassa fanno a tempo a poggiarsi e morsicarti, dunque si va veloci in direzione Fossholl dove spero di arrivarci a pranzo. Qui è presente la Godafoss Waterfall chiamata anche la cascata degli dei. In assoluto è quella che a me è piaciuta di più. Pranzo nel bar adiacente e poi riparto questa volta in direzione Ystafell trasportation museum. Un rottamatore che ha costruito un museo mettendo a nuovo le macchine che la popolazione portava allo sfascio. Se vi capita di essere in zona andateci che merita tantissimo. Ritorno indietro per riprendere la ring road costeggiando il Ljosavatn felice di aver visitato uno di quei musei che a me piacciono tantissimo. Lungo la strada per Akureyri incontro il museo Safnasafnid aperto fino alle 17. Guardo l’orologio e cavoli sono quasi le 20, vado dritto a tutta velocità verso la cittadina incastonata in un bellissimo fiordo. Arrivato in centro mi dirigo verso il campeggio che sta dentro la città, il Tjaldsvaedid nei pressi dell’università. Monto la tenda, cucino e poi a nanna. Il giro nel centro storico domani mattina.
Akureyri - Varmahlid (100 km - 800 D+)
Giro mattutino nella cittadina di Akuteyri alla scoperta della sua storia e di qualche foto. La legenda dice che sia stata fondata da un vichingo. Poi divenne nei secoli una cittadina dedita alla pesca grazie alla presenza di un grande porto capace di ospitare navi da crociera, inoltre è presente un aeroporto dove al suo interno è presente un museo dell’aviazione. E’ il secondo centro abitato più grande d’Islanda. Qui si può trovare tutto. Dal Pub al market alla farmacia all’università. Lascio la città e mi dirigo verso ovest in direzione Varmahlid. Pedalo lungo la valle tra due costoni montuosi. Sulle cime si intravede la neve, soffia una leggera brezzolina ghiacciata da nord, lungo il percorso incontro soltanto qualche casetta e tante distese di prati verdi. Mi fermo per passare la notte in un campeggio dove praticamente il costo è di circa due euro, non offre nulla, solo un lavandino e un wc dove espletare i propri bisogni, non ci sono docce. Non importa mi lavo con le salviette. Mi preparo la cena con il mio fornello a legna, mi bevo una birra bella ghiacciata, basta lasciarla fuori dalla tenda che si sfredda per bene e poi vado a nanna.
Varmahlid - Blonduos (55 km - 600 D+)
Il risveglio è movimentato la tenda balla fuori soffia un vento forte. Alleggerisco Lino mangiando ancora qualcosa per colazione, bevo, riempio le borracce smonto tutto e riparto. Il vento non è molto freddo, ma fastidioso. Guardo l’applicazione vegagerdin per capire se c’è allerta meteo per forte vento. L’app sconsigliava di mettersi in viaggio per raffiche di vento oltre i 100 km all’ora. In certi momenti ho rischiato di volare, grazie alla zavorra di Lino non mi sono ribaltato. Mi fermo per riposarmi ai piedi del monumento eretto in mezzo al nulla in onore al poeta islandese Stephan G Stephansson. Ho incontrato un cicloturista Tedesco di circa cinquant’anni, praticamente ogni cento metri cadeva. Io abituato dalle raffiche di maestrale in Sardegna, capivo in anticipo quando dovevo fermarmi e mettere i piedi a terra. Ho spiegato al tipo di starmi dietro e di fare ciò che facevo per evitare di cadere. Da quel momento non è più caduto. Ho percorso cieca un chilometro a piedi contro vento perché in sella era proibitivo. Ho impiegato circa 10 ore per percorrere 55 chilometri. Menomale che come sempre in mezzo al nulla ci sono piccoli centri abitati con il campeggio. Questa volta prendo la casetta sulle sponde del fiume Blanda nel paese di Blonduòs. Cena in ristorante a mangiare carne buona locale.
Blonduos - Bordeyri (103 km - 700 D+)
Prima di lasciare definitivamente la casetta al campeggio, ne approfitto per andare a fare un po’ di spesa al market del centro. Il vento è ancora teso. Ma non importa, oggi mi spingerà verso sud e dovrò faticare poco. Preparo Alma e Lino e parto, finalmente qualcosa va per il verso giusto, grazie vento da Nord. Lungo la ring road in mezzo al nulla intravedo un cartello turistico a bordo strada, si tratta di una zona dove in passato vennero giustiziati due assassini le cui teste vennero appese a dei pali come avvertimento a non commettere più di quel tipo di atrocità, una lapide ne ricorda l’evento. Proseguo ancora verso sud e giro a destra verso Hvammstangi un paese su un fiordo dove mi fermo per il pranzo. In questo piccolissimo centro abitato vi è il museo del mare, sempre chiusi i musei, arrivo sempre in orari strani poi è ancora giugno e di turisti incominciano a vedersi ora. Riparto e mi dirigo verso il campeggio dove passerò la notte se di notte si può parlare, il solstizio d’estate è alle porte e il sole a mezzanotte è già presente. Ormai mi sono abituato a questa situazione di luce perenne, quando è arrivata l’ora di dormire si dorme punto e basta, tanto dormono quasi tutti. La mia guida dice che nei pressi di Stadur è presente un campeggio. Ma dove? Non lo trovo, giusto è quello di Bordeyri a 10 km verso i fiordi occidentali. Questo di tutti è quello più isolato che ho visitato in Islanda.
Bordeyri - Borgaenes (100 km - 790 D+)
La mattina mi arriva un avviso su strava c’era Claudio Zocca in zona, circa 40 chilometri dietro di me. Faccio con calma, sistemo tutto e parto. Mi fermo lungo la strada per fare delle foto a quello che sarebbe stato l’ultimo incontro del giro con i ghiacciai. Mentre ero li a godermi il ghiaccio passa e mi saluta Claudio, si ferma anche lui, parliamo e ripartiamo. Ci fermiamo incuriositi dalla presenza di tante macchine in un parcheggio. Vediamo che da li parte un sentiero per visitare due vulcani ormai inattivi da millenni i Gràbròk. Li accanto alcuni vecchi ruderi di abitazioni vichinghe. Pedaliamo ancora verso sud con vento a favore e chiacchierando chiacchierando arriviamo a Borgarnes dove facciamo la spesa per la cena e dove ci accampiamo per la notte al campeggio vicino al mare.
Borgarnes - Reykjavik (120 km - 1190 D+)
Anche oggi il vento soffia forte, l’allerta meteo è rossa, la responsabilità è di chi non la rispetta. Io decido anche oggi di andare avanti e di non fermarmi, anche Claudio la pensa come me. A un certo punto dal nulla compare il cicloturista Tedesco del vento, sarà un caso ma ogni volta che c’è lui il vento è sempre forte. Siamo in tre a percorrere gli ultimi chilometri prima di arrivare nella capitale. Il tempo è brutto, ogni tanto piove. Claudio e il Tedesco decidono di dirigersi verso Akranes per prendere l’autobus che gli avrebbe consentito di accorciare il percorso attraversando il tunnel sottomarino che taglia il fiordo. Io testardo prendo la strada 47 che fa il giro del fiordo con un incremento di 50 chilometri rispetto ai 70 con il tunnel. Questo incremento di chilometri mi da la possibilità di vedere ancora cose incredibili che non mi aspettavo di trovare. Il deposito costiero di carburanti che mi ricorda dove lavoro, i ruderi di una vecchia base militare britannica della Seconda guerra mondiale, i resti di muri di case vichinghe con cascata e per finire la cosa più interessante di tutte il nuoto silenzioso e guardingo di una foca. Appena rientrato sulla ring road mi accorgo di essere vicino alla capitale, il silenzio e la tranquillità sulle strade finisce. Il traffico aumenta notevolmente. Mi dirigo verso il centro, prendo il telefono e chiamo Claudio che dovrebbe essere arrivato già da qualche ora. Mi dice che dietro il suo Ostello c’è un campeggio. Quando sono nei pressi dello stadio mi accorgo di essere finito in mezzo a una gara di atletica, centinaia di persone corrono verso il centro, mi ricordo tutta in una volta che oggi e 21 giugno, festa del sole a mezzanotte e che Reykjavik è in festa. Peccato per la pioggia.
Reykjavik giorno di riposo (63 km - 850 D+)
Decido di fermarmi altri due giorni qui nella capitale, ma cerco una sistemazione diversa per la notte. Trovo il First hotel a Kopavogur, un pò distante dal centro ma che consente di portare la bici in camera. È una zona nuova della capitale ben servita e a due giri di ruota da tutte le attrazioni della zona. Decido di passare il primo giorno in barca alla ricerca delle balene, non pensavo ce ne fossero cosi tante. Peccato per il tempo, il mare mosso non permetteva una visuale accurata. Per pranzo ritorno a terra e mi incontro con Claudio. Dopo pranzo mi guardo la partita Nigeria Islanda in piazza in mezzo alla popolazione trasmessa su schermo gigante. Io e Claudio ci salutiamo, lui parte qualche giorno prima di me e doveva finire il giro. Io resto li e ne approfitto per visitare il museo Perlan, il monumento a forma di barca Sun Voyage, il centro storico con le vie pedonali e la chiesa a forma di astronave, il palazzo di vetro Harpa, il campo da golf di Seltjarnarnes dove la maggior parte dei golfisti è donna, i Pub. La cosa più bella di tutta Reykjavik sono le piste ciclabili, è la capitale più pedalabile che abbia mai visto in tutta la mia vita, secondo me sono nate prima le piste ciclabili poi le strade e per finire le case. La città e molto vivibile, la notte è piena di vita.
Reykjavik - Keflavik (110 km - 550 D+)
Una cinquantina di chilometri mancano alla conclusione del giro. Decido di partire con molta calma e di continuare la pista ciclabile sulla litoranea che avevo interrotto ieri. Mi fermo per pranzo a Vogar, nel fast food del distributore di benzina. Arrivo a keflavik nel primo pomeriggio. Mi reco alla CB Guesthause dove avevo alloggiato il primo giorno. Recupero scatolone e valigia e incomincio a smontare Lino. Il giorno successivo ne approfitto per un ultimo giro per comprare qualche ricordo e per visitare ancora qualcosa. Il museo vichingo, il museo del rock ‘n roll, il porto con le sue attività della pesca al merluzzo. Qui il merluzzo viene lavorato in vari modi. Viene privato della testa e delle spine e delle viscere e messo sotto sale per essere poi consumato in tutto il mondo nel modo più comune che conosciamo il baccalà. Un altro metodo è quello di sviscerarlo e disossarlo e appenderlo a testa in su negli essiccatoi a cielo aperto e viene chiamato stoccafisso. Poi più per un prodotto di nicchia che non tutti producono è quello affumicato.
Questo viaggio per me rappresenta la svolta, per la prima volta viaggio in un territorio selvaggio, privo di ogni cosa, tutte le comodità del vivere in città spariscono, ritrovo il mio spirito primitivo che nella mia famiglia sanno di cosa parlo, adesso capisco quali sono le mie origini. Questo territorio dove sicuramente ritornerò mi ha insegnato tanto, il vento e la pioggia sono stati miei compagni di viaggio. Tutti i cicloturisti incontrati mi sono stati di aiuto. In particolare, Steven Castellan con cui ho condiviso le pedalate i primi giorni e che della ferrino mi ha spiegato quasi tutto, il primo dei Tedeschi che ho incontrato che mi consigliò che l’alcol non deve mai mancare, il secondo invece che la birra mai manchi a cena e infine Claudio di altrabolletta.it che mi ha svelato che nel sacco a pelo della ferrino si dorme senza pigiama. Cavolo aveva ragione, ho pure sudato per la prima volta con temperatura esterna alla tenda di 3 gradi. C’è sempre tempo per imparare nella vita. Ringrazio anche quelli che mi regalavano birra e barrette energetiche lungo il percorso affacciati dal finestrino dei camper o che si sono fermati nei parcheggi a offrire dolci e bevande. L’Islanda con il suo ghiaccio, la sua acqua, la sua vegetazione e gli animali fanno di quest’isola una perla in mezzo all’oceano. Non dimenticherò mai i cavalli e le pecore, i merluzzi appesi a essiccare all’aria, i lavoratori instancabili dei campi....... ciao a presto...
Ultimi commenti
04.11 | 08:15
Quest'anno avrei intenzione di provarci anche io visto che, cosa non da poco si parte da Torino la mia città, magari potrai darmi qualche consiglio......
04.11 | 08:11
ciao Michele lo vorrei fare in modo lento, hai qualche traccia gpx ?
04.11 | 08:10
Vorrei farlo nel 2023... hai qualche consiglio da darmi... ho una bici gravel e vorrei farlo con le borse laterali, forse sono troppo pesanti ? non vorrei portare la tenda, sarebbe meglio b&b
04.11 | 08:06
L'ho fatto due volte, nel 2019 con un viaggio lento mentre nel 2021 con un viaggio veloce. Devo dire la verità ho preferito il lento anche se non ho raggiunto l'obbiettivo
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