We’ll see how far they take me 2016..17..18..19.. 20.. 21.. 22.. 23.. 24..
MY LAND NON STOP 2018
Il MY LAND non stop, da come si può capire dalla traduzione letterale, è "la mia terra senza fermata". Ebbene sì, 72 ore per completare il lunghissimo giro di 440 km e 10000 metri di dislivello positivo. Questa è la distanza in cui decido di cimentarmi, ma esistono anche altre due lunghezze più brevi, ma non per questo di facile percorrenza, e sono rispettivamente: la 220 km e 5000 metri di dislivello e la 120 con 2500 metri, tutte da compiere in tempi diversi. A partire da quest'anno c’è inoltre la 120 km a piedi.
Decido di partecipare a questa perché mi risulta essere impossibile terminarla, ma soprattutto perchè sapevo dalle previsioni meteo che avrebbe dovuto piovere. Vi domanderete il perché sperare di pedalare sotto la pioggia, in realtà necessito di testare alcuni indumenti che mi sarei portato in Islanda, e devo verificare il reale funzionamento e l'impermeabilità del vestiario che avevo con me, compreso sacco a pelo.
Base di partenza è l’antico paese di Baradili, in pieno centro storico, nella piazza principale la partenza, tutti insieme pedalatori e camminatori, in totale circa 250 atleti, che per tre giorni hanno popolato la Marmilla girovagando nelle campagne alla ricerca del sentiero corretto. Riconosco parecchi atleti e nella mezz’ora che precede la partenza si ride e si scherza, si fanno foto ricordo e si conosce nuova gente. Tra i camminatori intravedo Giada Molinari in compagnia di altre simpaticissime amiche e Marina Scibilia con il suo amico a quattro zampe promotori della Traversata del Sorriso. Si avvicinano le ore 14 e la tensione si fa sempre più alta, i minuti alla partenza diminuiscono sempre di più, in quei momenti mi frulla di tutto per il cervello e ripasso a memoria tutto il mio equipaggiamento, studiato nei minimi dettagli, perché ai checkpoint non faccio portare nulla ma trascino tutto con me, compresi pantaloni e scarpe da trail per una eventuale cena in ristorante.
Finalmente si parte. Tutti insieme stile giro d’Italia, grande gruppo che compatto si dirige verso il primo CP di Roja Menta a 29 km dalla partenza, passaggio obbligato per tutte le distanze, passando per le località di Gonnosnò, Curcuris, Ales e Zeppara. Mi fermo bevo un bicchiere d’acqua, riempio le borracce e riparto subito. Da questo momento in poi inizia il mio giro in solitaria. Il Monte Arci diventa il mio peggior nemico, nella foga della fuga in solitaria sbaglio la posizione in sella durante una discesa e cado. Una fitta al ginocchio mi farà compagnia fino al successivo checkpoint. Percorro una discesa in direzione Marrubiu dove mi coglie un imponente temporale primaverile, di quelli che in un’ora scaricano l’impossibile e poi esce il sole e che mi costringe a una pausa nei pressi di una chiesa campestre insieme ad altri ciclisti, l’unico che ricordo è Stefano Olla. Penso subito che sia arrivato il momento di indossare pantaloni e giacca anti pioggia e ripartire, così faccio e in cinque minuti sono di nuovo in sella. Mi allontano dalla chiesetta sotto una pioggia battente. In pochi minuti arrivo al centro di Marrubiu dove attraverso la via principale per poi svoltare a destra lungo il canale in direzione Mussolinia, toponimo derivante da Mussolini che fece bonificare l'area e la concesse agli attuatori dell'opera. Dal 1944 il nome cambia in Arborea che deriva dal latino Arboreta. Appena fuori dal paese mi fermo per togliermi gli indumenti impermeabili che più che proteggermi dalla pioggia mi stanno facendo sudare. Una volta arrivato la sosta è breve, giusto per qualche foto e riparto in direzione S’Ena Arrubia, piccolo e unico stagno scampato alle bonifiche. Da qui si percorre la lunghissima pineta e la spiaggia in direzione Sassu. Nella zona del porto industriale ci arrivo che è già buio, ho impresso il ricordo del forte odore proveniente dalla fabbrica di pasta che mi fa compagnia. Non è previsto il passaggio per il centro di Oristano, ma in periferia sì, dove proprio in mezzo alle campagne si costeggiano campi allagati e zanzare fino a Torre Grande, lì è collocato il secondo checkpoint, al chilometro 91. Checkpoint in cui non era nei miei programmi fermarmi a dormire, ma il ginocchio è ancora dolorante e ho bisogno di riposarlo per alcune ore, mangio qualcosa offerta dai ragazzi del posto. Sistemo alcuni pezzi di cartone per isolami dal pavimento freddo e umido di una grande stanza del CP. Sono circa le 11:45 e prendo sonno.
Alle 4 mi sveglio, metto tutto dentro le borse e parto al buio in direzione Torre di Seu. Pochi chilometri infiniti dovuti alla presenza di un fango gommoso che si attacca ai copertoni e che mi costringe a continue soste per pulire ruote e cambio. Il ginocchio per fortuna non mi fa male, riesco a pedalare discretamente solamente una volta arrivato nei pressi della torre, ma la sabbia del Sinis completa l'opera e si impasta con il resto della terra accumulata. Oltre ai sei chili di attrezzature trasportate mi vedo costretto dagli eventi a portarmi dietro almeno tre chili di fango. Percorro tutta la costa da Maimoni, Is Arutas, Mari Ermi, S’arena Scoada, Putzu Idu fino a Mandriola, dove mi fermo a fare colazione e lavare la bicicletta in una fontana sul lungomare. Finalmente la bici è leggera e silenziosa, ma l'illusione dura poco e appena la catena si asciuga incomincia a chiedere perdono. Ho dimenticato l’olio a casa, devo assolutamente cercare un rimedio per lubrificarla. Non trovo nulla, percorro tutta la pineta di Is Arenas, costeggio i campeggi locali che conosco perché ci ho soggiornato durante l’Occidentando del 2017. Arrivo a Torre del Pozzo, S’Archittu e Santa Caterina di Pittinuri. Incontro un ragazzo che tagliava l’erba in un campo con un decespugliatore e gli chiesi un pò di olio per la catena. Pausa al bar per un ultimo rinvigorente caffè caldo prima della grande scalata del Montiferru. Una salita interminabile durante la quale il dolore al ginocchio rifà capolino soprattutto nella discesa finale verso Santu Lussurgiu. Conosco bene il Montiferru, a febbraio ho partecipato al Montiferru winter trail, corsa a piedi in montagna sulla distanza di 34 km. L’ultima discesa che affronto verso il paese è massacrante ricordo che lo era stata anche in salita a piedi, mi azzardo a farla quasi tutta in sella rischiando di rompermi l’osso del collo parecchie volte. Finalmente arrivo al checkpoint e con immensa gratitudine verso i ragazzi dell’assistenza, mi bevo una bella birra fresca, mangio pane e salame, una fetta di formaggio, aspetto qualche minuto per caricare la batteria della torcia e riparto in direzione Pozzo di Santa Cristina.
Con grande onore incontro quella che è, a mio modesto parere, tra tutte le donne in MTB della Sardegna quella al livello più alto, con una memoria incredibile dei sentieri dell’isola, la mia amica Monica Angioni. Pedaliamo alcuni chilometri insieme ma ognuno per i fatti suoi, le sto dietro e non la supero perché voglio studiarne l'andatura, i movimenti. Anche lei viaggia carica e non lascia nulla ai checkpoint, sta imparando a vivere i trail più autonomamente possibile, faticando fino all’ultimo minuto. Quasi arrivato a Villanova Truschedu foro la ruota anteriore mentre Monica si allontana silenziosamente verso il paese. Riparo e riparto, in dieci minuti sono in centro pronto a fermarmi al bar del centro sportivo a mangiare qualcosa e a prendere una decisione. Sono al chilometro 206 dalla partenza. Il dilemma e se continuare o ritirarmi, il dolore non mi ha abbandonato neanche per un momento, lungo tutto il percorso ho mangiato cardo mariano, antidolorifico e antinfiammatorio naturale, integrando anche con asparagi selvatici crudi perché ricchi di ferro e con arance per la vitamina C, ma nonostante tutto il dolore non scende. Monica riparte per affrontare il Grighine durante la notte, ci salutiamo e ci diamo appuntamento al traguardo. Scrivo un messaggio a Rita e Francesca avvisandole del mio ritiro e che sarei andato a Fordongianus a riposare in un B&B. Avviso anche del mio ritorno in autonomia attraverso la strada più corta verso Baradili. Arrivo al B&B Is Janas verso le 20, mi faccio una doccia, mi metto abiti consoni e mi precipito al ristorante Cinquantagradi per una cena completa. Rientro presto e vado a letto.
La mattina mi sveglio con calma, faccio colazione, preparo la bici e mi rimetto in sella, il ginocchio non mi fa più male. Decido di continuare il giro nonostante il ritiro. Riprendo la traccia dove l’avevo lasciata la sera prima e imbocco la salita per il Grighine. Arrivo in cima alla caserma forestale, foto e subito discesa attraversando le campagne e centri abitati di Ruinas, villa sant’Antonio, Senis e subito dopo il checkpoint di Asuni nella palestra del complesso sportivo. I ragazzi del CP si meravigliano del mio arrivo poichè sono l’unico dei ritirati che continua a pedalare. Mangio qualcosa e riparto direzione CP di nuraghe Nolza. Da ritirato pedalare per le montagne sarde diventa più piacevole, non si ha più l’ansia di perdere tempo quando ci si ferma a fare una foto o a rilassarsi sotto una pianta. Giunto a Nolza, 284mo chilometro, mi tolgo le scarpette da bici, mi metto le scarpe da trail e felpa, pago il biglietto e usufruisco della simpaticissima guida per una visita al nuraghe. Ho voluto visitare il complesso perché il mio amico Toscano Enzo Fantini mi disse una volta che se fossi passato da Nolza avrei dovuto approfittarne perché meritava. Sono a metà visita e vedo Stefano Olla ripartire. Terminata la pausa culturale, mi siedo a riflettere se continuare o tagliare, prendo la traccia della 220 chilometri e taglio verso la statale 128 presso il valico di Ortuabis, saltando Meana Sardo, Tonara, Belvì e Gadoni all’incirca al chilometro 366. Da questo momento in poi mi ricongiungo alla traccia della 440. Vengo sorpassato da una serie di ciclisti compreso il conosciuto Giorgio Spiga. Faccio fatica ma ce la metto tutta per stargli dietro, non a ruota ovviamente ma a debita distanza, in circa 30 km di inseguimento studio e osservo ogni suo minimo movimento capendo tantissime cose. Arrivo a Laconi con il buio, Giorgio si ferma a mangiare qualcosa mentre io continuo sapendo che comunque mi avrebbe raggiunto e superato e così è stato. Pedalare al buio è una cosa indescrivibile, tutto diventa piatto, i rumori della natura sono molto più amplificati tanto da avvolgerti e stringerti come una morsa. La paura di sbagliare qualcosa o di cadere a terra ti fanno rallentare tantissimo. Si perde la percezione della distanza, pochi chilometri di notte sembrano interminabili. Passo i paesi di Nuragus, Genoni e finalmente sotto la pioggia arrivo al CP di Assolo dietro la parrocchia di S. Sebastiano Martire intorno a mezzanotte, chilometro 397. Mangio qualcosa e subito a dormire nel sacco a pelo.
Finalmente sento la pioggia, le temperature calano e così posso verificare ancora di più l’attrezzatura. Il brutto tempo continua anche al mattino al mio risveglio, mi preparo, mangio qualcosa e riparto tutto bardato sotto la pioggia e con la bicicletta carica. Subito salita in direzione Giara passando per scala Cabirada. Qui capisco cosa vuol dire avere la bicicletta carica, tuttavia gradino dopo gradino, sotto la pioggia battente riesco a scollinare e continuare imperterrito verso la fine. Attraverso i centri abitati di Setzu, Pauli Arbarei, Lunamatrona e finalmente e dico finalmente il CP Sa Corona Arrubia. Il finalmente è come se non esistesse visto che il CP non è altro che un tavolino e una pietra sopra il foglio per smarcarsi, niente acqua, niente rifornimenti, è pur vero che causa ritiro e non posso pretendere nulla. Continuo e mi arrampico sotto la funivia per poi riscendere a valle e risalire di nuovo verso la funivia, sul versante opposto per salire sulla Giara di Siddi. Da qui, e per un paio di chilometri, mi attende un grande piattone passando per il nuraghe de Sa Domu ‘e S’Orku e infine la discesa fangosa verso Baressa per poi arrivare verso l’ora di pranzo a Baradili, chilometro 440. Il mio giro è concluso e io mi ritengo super soddisfatto, ho pedalato per 380 chilometri in 72 ore con 7200 metri di dislivello positivo, ho attraversato montagne circondato dall'aroma di pino e muschio, campagne pervase dai mille profumi della primavera, stagni ad alto contenuto di sodio e dal forte odore di salicornia. Non ho raggiunto l’obbiettivo dei 440 km ma ho sicuramente appreso tantissimi accorgimenti che metterò in pratica negli anni futuri.
Ultimi commenti
04.11 | 08:15
Quest'anno avrei intenzione di provarci anche io visto che, cosa non da poco si parte da Torino la mia città, magari potrai darmi qualche consiglio......
04.11 | 08:11
ciao Michele lo vorrei fare in modo lento, hai qualche traccia gpx ?
04.11 | 08:10
Vorrei farlo nel 2023... hai qualche consiglio da darmi... ho una bici gravel e vorrei farlo con le borse laterali, forse sono troppo pesanti ? non vorrei portare la tenda, sarebbe meglio b&b
04.11 | 08:06
L'ho fatto due volte, nel 2019 con un viaggio lento mentre nel 2021 con un viaggio veloce. Devo dire la verità ho preferito il lento anche se non ho raggiunto l'obbiettivo
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